L'EVOLUZIONE TECNICA DEGLI SPORT PROTOTIPI E NON SOLO

Dopo tante cronache, anche adrenaliniche scared, almeno per me che le racconto, lasciamo un attimo la grande stagione del Mondiale Marche 1970, forse una delle più belle di sempre e guardiamo dentro ad altre storie che non sono, ahi, ahi, tutte belle ed edificanti Huh?.

VOLARE, OH, OH

Parlando della 917 e della sua evoluzione abbiamo visto come i problemi che l'avevano portata ad essere scartata da un campione come Jo Siffert e che avevano lasciato tiepidi anche i tecnici della Porsche circa un suo futuro vincente erano stati risolti da John Horsman, un oscuro ingegnere che aveva imboccato per trovare la soluzione una strada nuova, quella dell'aerodinamica.
Fra la metà degli anni '60 e quell'inizio degli anni '70 l'aerodinamica aveva preso campo dopo essere stata quasi ignorata per anni.
Solo la Mercedes, nel '55, aveva percorso la strada della scienza aeronautica, ma non per migliorare le prestazioni con la diminuzione della resistenza all'avanzamento o l'aumento della tenuta di strada, bensì per migliorare l'efficacia frenante.
Nella tragica Le Mans del '55 le tre 300SLR, una delle quali, quella di Levegh-Fitch, sarebbe stata coinvolta nel peggior incidente della storia dell'automobilismo sportivo, erano equipaggiate con un "freno aerodinamico", in pratica una paratia azionata dal pilota che, alzandosi alle spalle dell'abitacolo, si comportava come una sorta di paracadute.
Fangio, nelle sue memorie, ne ha parlato come di una soluzione molto efficace, ma il ritiro della Mercedes dalla gare e l'avvento dei freni a disco introdotti dalla Dunlop per la Jaguar la resero una curiosità superata.
L'aerodinamica, all'epoca, era guardata, nel migliore dei casi, con sospetto.
Enzo Ferrari, che non aveva peli sulla lingua, la definiva -"buona per chi non sa costruire i motori."-
Un ingegnere aeronautico con i baffetti, che all'epoca sbarcava il lunario nel mondo delle corse, la prese più sul serio e cominciò a costruire macchine dalla sagoma inconsueta.
Si chiamava Colin Chapman ed era un genio.
La Vanwall, soprattutto.
La sua linea inconfondibile era solo figlia di un'intuizione perché all'epoca non c'erano mezzi di calcolo per elaborare, con costi compatibili con applicazioni non militari, i complessi modelli matematici e di gallerie del vento nemmeno se ne parlava.
Anche il genio Colin presto si arrese, percorrendo un'altra strada, quella della semplificazione e della leggerezza, dell'estremizzazione del concetto di resistenza meccanica, ovvero, in estrema sintesi: "un pezzo è dimensionato bene quando non si rompe più".
Però si era rotto prima e molte volte qualcuno ci aveva rimesso la pelle o ci era andato molto vicino.
Girava all'epoca una battuta fra i piloti delle gare in cui partecipavano le Lotus 19 e poi le 23:-"Sai con quante ruote parti, ma non quante ne avrai alla fine:"-
Colin Chapman, per il momento si occupa d'altro e l'aerodinamica riappare alla metà degli anni '60.

64_ford_gt40

 

 

 

 

 

 






La Ford è scesa in campo, anzi in pista nelle gare Sport-Prototipi, il suo primo modello che deriva dalla Lola di Eric Broadley, si chiama GT40 e - con un certo grado di approssimazione - viene definito "progettato al computer".
La carrozzeria è estremamente filante, a suo modo bella, sicuramente con una linea innovativa, pulita.
Nessuno spoiler posteriore, particolare già utilizzato dalla Ferrari.
Quando la provano a Le Mans, nel '64, il povero Schlesser rischia la pelle proprio a "Mulsanne straight" quando la misteriosa scienza dell'impalpabile si prende una rivincita sui designer.
Risolve tutto Phil Remington, capo meccanico della Shelby (la squadra corse della Ford) che sull'altra GT40 monta in fretta e furia un piccolo profilo con un foglio d'alluminio fissato con i rivetti: è il primo spoiler della Ford, da allora tutti i prototipi americani avranno quella caratteristica linea della coda.
La Ferrari, per la verità, qualcosa d'altro aveva pur fatto sui suoi prototipi "barchetta".
Nel '62 le Dino e la 330 TR vittoriosa con Gendebien-Phil Hill a Le Mans, hanno dietro l'abitacolo una struttura che convoglia il flusso d'aria, una sorta di carenatura, di alettone embrionale...molti tuttavia lo considerano una sorta di evoluzione del roll-bar, con soli scopi di sicurezza.
Di sicuro alla sua efficacia credono in pochi, infatti quando la 330-TR, l'ultimo prototipo Ferrari con il motore anteriore, viene venduta a Chinetti per correre in America con la NART, il plurivincitore di Le Mans per prima cosa la elimina e la sostituisce con la classica struttura in tubi d'acciaio saldati al telaio.
La storia si ripeterà: la Ferrari utilizza questo "spoilerone" su tutta le "barchette" della serie P (250P, 275P e P2, 330P e P2) che, una volta passate alla NART lo perderanno.
Sono comunque tentativi quasi artigianali, che compie anche la Ford che nel '65 sulla MkII combina a tal punto spoiler anteriori, posteriori e pinne che alla fine il prototipo verrà soprannominato "batmobile".
Intanto Jim Hall, un altro genio se possibile ancora più anticonformista ed innovativo di Chapman, inventa la prima "appendice aerodinamica" vera e propria. E' mobile, a geometria variabile, e viene ribattezzata "aerofoil", in italiano "alettone". L'auto che l'impiega è la Chaparral 2F, del '67, che all'inizio appare veramente bizzarra, ma che poi suggerisce a tutti che quella dell'aerodinamica potrebbe davvero essere la nuova via.
Nuova via per percorrere la quale tuttavia si procede senza un percorso certo dettato da profonde conoscenze teoriche o da riscontri sperimentali in laboratorio, ma per tentativi.
Non esiste ancora per l'aerodinamica l'equivalente di un banco di prova come per i motori, c'è solo l'esperienza diretta sulla pista, "senza rete".

chaparral_2f

 

 

 

 

 

 

 

 







In molti casi si parte e si scopre che il comportamento reale é sostanzialmente diverso da quello previsto, quando non è addirittura opposto, nascono ali fisse, mobili, pinne, derive, e altre appendici di ogni forma e dimensione.
Purtroppo questi tentativi sono anche pericolosi, a volte destinati anche a epiloghi tragici soprattutto perché l'aerodinamica é considerata tutto sommato poco influente rispetto alle classiche regolazioni meccaniche (delle sospensioni e dell'assetto) sul comportamento della vettura.
E' il caso tristissimo di un giovane e promettente pilota francese, Roby Weber, chiamato a collaudare con Jaussaud le Matra alla loro prima uscita nei "Le Mans trials", un appuntamento fondamentale nell'automobilismo di allora.
Si trattava di un fine settimana (a volte allungato perché partiva dal giovedì) situato qualche mese prima della 24 Ore nel quale i team avevano a disposizione il circuito per i test.
Quell'anno, il '67, la Matra si presentava con ambizioni di vittoria nella propria categoria (quella assoluta era un affare esclusivo fra Ferrari e Ford) con due modelli: uno tradizionale con un motore Ford da 4,7 litri, un altro con un'aerodinamica più sofisticata e motore BRM.
Jean Pierre Jaussaud era incaricato dei test su quest'ultima, ma non ne cavava nulla di buono. Naturalmente tutti gli interventi venivano fatti sulle sospensioni, cercando di risolvere i problemi di beccheggio e rollio lamentati sulle Hunaudières (il nome francese di Mulsanne straight).
Ad un certo punto il prototipo, dopo l'ennesima modific, venne fatto provare a Weber.
Non terminò il suo test, volò letteralmente fuori pista alla "grande courbe", quella piega velocissima, quasi impercettibile, sulle Hunaudiéres prima di Mulsanne, quel tratto che gli inglesi chiamavano "Mulsanne kink".
Weber non ha scampo, muore sul colpo.
Aveva ventitré anni e si sarebbe dovuto sposare due settimane dopo.
L'ipotesi più probabile sulle cause della tragedia sono legate al dechappamento di uno pneumatico, dovuto al surriscaldamento provocato dalle sollecitazioni imposte dalle regolazioni sulle sospensioni, "estremizzate" per eliminare i difetti di stabilità che avevano invece origine negli effetti aerodinamici non compresi dagli ingegneri francesi.
Proprio la Matra sarà la prima ad usare l'aerodinamica per la ricerca delle prestazioni, spinta anche dalle esperienze missilistiche maturate in campo militare e civile.
Ma di questo parleremo la prossima volta, con una storia che ha dell'incredibile e che sono certo non mancherà di sorprendervi ed appassionarvi .