LE RISERVE DI ZOFF, GRANDE SENZA RISERVE.

Qui siamo istituzionalmente OT, quindi sfoghiamoci.
Negli ultimi venti giorni si è parlato molto della Juve e della sua crisi... musica per le orecchie di un tifoso viola come me.
Casualmente ho ritrovato un breve racconto che ha per protagonista un grande della Juve di ieri e del calcio di sempre: Dino Zoff.
Buona lettura, se ne avete voglia, s'intende...

Le riserve di Zoff, grande senza riserve.

Questa storia comincia a Napoli, tanti anni fa.
La prima protagonista è una buca del terreno del San Paolo, nella quale Dino Zoff, portiere del Napoli, infila un piede, distorcendosi la caviglia.
Zoff è a Napoli da cinque anni e sono 150 domeniche che Trevisan, promettente riserva, siede in panchina.
Mai un raffreddore, mai una sciatica, mai un “colpo della strega”, hanno fermato Zoff, grande portiere e soprattutto portiere dotato di una salute di ferro.
Quella stessa estate Zoff passò dal sole di Napoli alle umide nebbie di Torino.
La Juve lo aveva scelto anche per far crescere tranquillo il giovane e promettente Piloni, visto che Zoff si avviava ormai alla trentina.
Piloni crebbe tranquillo, tranquillissimo.
Crebbe soprattutto in peso perché non giocava mai.
Neppure il cambio di clima aveva minato la proverbiale salute del portiere friulano.
L’influenza asiatica metteva a letto 15 milioni di italiani ?
Per Zoff neppure una linea di febbre.
Zoff si fratturava un dito in una gara di Coppa ?
Non solo finiva la partita, ma la domenica dopo giocava con una fasciatura sotto i guanti.
Niente lo scalfiva, niente lo fermava.
Dopo Piloni, un altro giovane portiere venne scelto da Boniperti per crescere tranquillo e raccogliere l’eredità di Zoff, che ormai la trentina l’aveva passata da un pezzo.
Il destino di Alessandrelli fu, se possibile, ancora più gramo.
I primi tempi, leggendo sul viso di Zoff una smorfia dolorosa, svestiva di corsa la tuta e si infilava i guanti, pensando fosse arrivato il suo momento.
Quando capì che quella, per Zoff, era l’espressione normale, si mise il cuore in pace ed un auricolare nell’orecchio per dare i risultati a Trapattoni.
Si innamorò della radio.
L’ascoltava sempre: da “Tutto il calcio”, con Ciotti ed Ameri, ad “Ascolta si fa sera” con Padre Virginio Rotondi.
Poi, un’ultima domenica di un campionato già perso, con la Juve sul 3-0, il Trap richiamò Zoff e mandò in porta Alessandrelli.
Che prese tre gol in meno di venti minuti.
Al rientro negli spogliatoi il povero Alessandrelli  dichiarò che “mai la Juventus era stata rimontata da 3-0”, poi cercò di suicidarsi facendo a testate con Pietro Paolo Virdis.
Zoff, perfido, non gli lasciò neppure questo record : anni dopo, in un derby, incassò tre reti in tre minuti, e Boniperti ha sempre sospettato che l’avesse fatto apposta.
Dopo Piloni ed Alessandrelli, due marcantoni di 1,90, la Juve scelse Bodini: un piccoletto a misura di panchina.
In Nazionale era la stessa musica.
La panchina di Zoff era stata scaldata, da Albertosi, Castellini, Conti e Bordon, ma neppure un sospetto di scarse diottrie, dopo i mondiali argentini, riuscì a scalzare Zoff dal suo posto.
Per non perdere il quale vinse addirittura i mondiali in Spagna.
A quarant’anni suonati.
E continuò a giocare, inesorabile: sempre e solo lui.
Fino alla sera in cui Magath, ad Atene, gli segnò l’ultimo gol.
La leggenda vuole che quella sera, in un locale sull’Adriatico, Trevisan, Piloni, Alessandrelli, Castellini, Bordon e Conti brindassero a champagne.
Bodini, che non poteva esserci, perché impegnato in panchina, fece avere a Magath un biglietto di ringraziamento.
Boniperti lo venne a sapere e comprò Tacconi.
Così finì anche l’infinito Zoff, grande senza riserve.