Citazione di: "eugenio70"

eugenio-zigliotto_02Caro Donnini
sono Eugenio Zigliotto. Mi presento con nome e cognome perchè noi giornalisti siamo obbligati a metterci sempre il nome e la faccia quando scriviamo qualcosa.("Niki" mi capirà!).
Dal 1968 al 1982 ho fatto l'inviato alle corse per Autosprint, sotto la direzione di Marcello Sabbatini ( Il solo ed unico vero Direttore di questo giornale). Ho seguito un pò di tutto: Dalle iniziali gare in salita, all'Europeo Turismo, all'Europeo 2 litri, all Europeo F.2, al Mondiale sport, alla F.1. Per anni ho usato lo pseudonimo "Tito Zogli" perchè legato come "firma" contrattualmente durante la settimana ad un altro editore.
Ad animare me come tutta la pattuglia di allora di AS: Marco Magri, Carlo Cavicchi, Lepoldo Canetoli, Giancarlo Cevenini, Franco Lini, fino a tutti i collaboratori, c'era un solo  propellente: la passione. La sincera ammirazione per chi praticava uno sport senza eguali per ardimento e coraggio, e l'ambizione di raccontare le relative misconosciute gesta ad un numero sempre più grande di persone.
Considerato che AS quando fu fondato (credo a memoria nel 1961) da Renata Anselmo, una fotografa appassionata di gare in salita non arrivava 3000 copie in ciclostile, e che quando ce ne andammo per finire a Rombo, la tiratura si aggirava attorno alle 300.000 copie, credo che l'obiettivo sia stato raggiunto.
Ma non è questo il motivo perchè interrompendo una riservatezza che mi sono imposto da quando ho chiuso di seguire attivamante le corse ( anche quando nei tuoi pezzi storicamente poteva esserci un miglior approfondimento da parte chi di come, come si suole dire, "c'era"!) mi sono deciso a scriverti.E' solo che volevo testimoniarti che la tua "passione" ed il tuo talento sarebbero state anche allora un passaporto sufficiente per essere parte degli "soldati" di Marcello.
La consacrata amicizia che a Lui mi legava, assieme avevamo giocato anche la carta della televisione, mi autorizza a dirtelo senza tema di smentite.
Per il resto chiunque abbia dei quesiti su come e perchè le corse di F.1 in questi ultimi 50 anni, da sport per pochi intimi siano diventate mediaticamente inferiori solo al calcio, e perchè a volte gli editori debbono prendere decisioni impopolari ( oggi io stesso sono editore!) credo di poter riferire cose abbastanza di prima mano. Anche se non con la penna "felice" di Mario nel rendere le nostre lontane cronache il  "mito" di CDC.

 

Citazione di: "Littlewomen"

autosprintCarissimo Eugenio Zigliotto,
grazie per la Sua stupenda lettera - la considerò così, non messaggio freddamente elettronico, ma lettera in senso classico - perché, oltre alle cose vere e stupende che dice, mi dà l'occasione per raccontarLe/Vi un paio di cose.
Voi Giornalisti (e non noi) dell'Autosprint Anni '70 e di Rombo, dall'aprile 1981 in poi, siete stati semplicemente meravigliosi. Non avevate proprio nulla dei validi mestieranti in senso classico, direi proprio di no, ma qualcosa di diverso e molto di più: eravate sacerdoti laici, piuttosto, e trasmettevate non solo e non tanto notizie, ma calore, curiosità, scosse vivificanti, amore per la polemica intellettualmente onesta, il fascino della sfida militante accanto alla passione rigorosa per uno sport maschio, caldo ma crudele.
Tanti, tantissimi di noi, Eugenio, in quell'epoca ruggente erano invisibilmente in redazione e in comunione con Voi, anche se potevate solo immaginarLo. Perché la Vostra stupenda avventura non si viveva solo nella lettura dei Vostri pezzi, ma già una o due sere prima a casa nostra, pensando, immaginando come sarebbe stato il prossimo numero del Vostro giornale.
Andavamo dall'edicolante e per strada eravamo già lì con Voi, guardavamo nelle rastrelliere dei giornali per cercare se ci fosse la fresca, nuovissima copertina col magico rettangolo rosso di AS o la testata di Rombo ammiccante al ciclo Otto, e già il cuore mancava un colpo.
Poi, sì, c'era l'emozione di leggerVi o rileggerVi e perfino il sapere che il martedì il giornale non era arrivato era lì per lì adrenalinico, perché, si sa, il piacere stesso era anche nell'attesa e prolungare l'attesa prolungava il piacere.
E c'era pure un che di misterioso, di fascinosamente alchemico nel risultato del vostro lavoro.
Marcellone, Lini, Zigliotto, ma che so, ma pure Canetoli o Bonaventura Franco erano, eravate, ministri di culto per me e per tanti, tra i cui fumiganti incensi era dolce naufragare. Ma anche imparare. Cominciare a porsi domande importanti.
Sì, io Eugenio Zigliotto lo ho adorato.
La sua cartolina, il suo Memo post Gp lo divoravo, cercavo di viverlo e respirarlo perché sapevo che non era solo leggere, quello, ma anche il filtro giusto per penetrare realtà che mi arricchivano da adolescente e che nello stesso tempo mi lasciavano voglioso di una replica, della prossima puntata, di un appuntamento ulteriore.
Ho adorato perfino l'Eugenio Zigliotto che ebbe il coraggio di assestare una sberla a Michele Alboreto nel 1984, credo in Canada, nella polemica post-Monaco. Poi col Michele 40enne sono diventato amico e ho amato anche lui ma in quel momento, a metà anni 80, Alboreto era il simbolo dell'establishment Rosso e Zigliotto l'emblema del coraggio di dare la notizia e dell'onestà tetragona di prendere una posizione. Quasi sempre controcorrente, scomoda, grazie anche alle rotte magiche del nostromo Marcellone.
Foste proprio Voi, nel 1987, a farmi debuttare nel giornalismo, con quello stupendo concorso per rookie di penna che fu "Rombo-Futuro". Mi piazzai terzo su non so quanti partecipanti e da allora eccomi qui.
E posso smettere di frequentare una redazione, smettere perfino di prendere uno stipendio, ma con la testa e col cuore, Eugenio, sono e resterò per sempre uno dei Vostri. Pur avendo ben chiaro dentro di me che i Maestri restano Maestri, coi quali, come sta accadendo ora, è piacevole e sorprendente dialogare, ma pur sempre chiarendo che chi viene dopo deve dare del Lei a chi c'era da prima, col rispetto dovuto a chi sapeva (e sa) stupendamente interpretare il suo ruolo e la sua professione.
Poi, con gli anni, ho imparato che il giornalismo è come il pugilato. Offre sfide strappacuore e molte volte degli strani verdetti. Sto imparando ad accettarli, e chissà, forse tra qualche secolo magari riuscirò anche a diventare abbastanza furbo per addomesticarli (anche se sinceramente spero di no), ma non è importante questo, in fondo.
Ora conta solo dirLe , caro Eugenio, che quel briciolo di poesia che Lei e quelli della Sua coraggiosa pattuglia mi e ci avete regalato, quello no, non lo perderò mai. Insieme al gusto di preservarlo tra le cose più preziose che si portano dentro.
Grazie di Cuore e un forte, fortissimo abbraccio.
Mario
Mario

 

Citazioni di: "eugenio70"

romboCaro Mario
mi hai risposto con una lettera personale e quindi, con lo stesso tono di una lettera ad un amico, desidero risponderti. Ovviamente non solo a Te ma anche a tutti coloro che hanno saputo apprezzare le parole di incoraggiamento che ho voluto indirizzarti.
Come noterai mi permetto di darti del Tu, sia per diritto di età, sia perchè Tu possa ricordarti che tra colleghi si usa così. E credo che nessuno possa negare che Tu sia un vero collega, partendo dal presupposto che sei anche un vero giornalista. E lo hai abbondantemente dimostrato!
Non nascondo l'imbarazzo nel vedere che per la nostra "pattuglia di As" di tanti anni fa, ci sia ancora qualcuno che la ricorda con piacere. Segno che forse quello che facevamo aveva un senso.
Personalmente credo per l'onestà e la sincerità intellettuale che ci ha sempre contraddistinto. D'altronde se non fosse stato così non si sarebbe lavorativo con "Marcellino". Un Direttore, posso testimoniare, con tanti difetti, ma sicuramente sempre pronto a schierarsi a favore dei suoi uomini. Non fosse altro in nome di quella "passione" e indipendenza che lui stesso reclamava per se, di fronte a tutti : da Ferrari, alla CSAI, allo steso Luciano Conti.
Un personaggio che ai tifosi dell'epoca, forse diceva poco, ma che come editore di As, è stato  unico e, forse, la vera "chiave" del nostro successo.
In pochi altri casi al mondo nelle 'editoria, infatti, è esistito un editore che non ha mai messo parola sulla linea del giornale da lui finanziato. Magari per il contratto che inizialmente aveva offerto a Sabbatini. Uno stipendio minimo, ed un tanto ad ogni copia venduta. Un'idea che alla fine fece di As un business incredibile, visto che dalle poche copie che tirava quando Conti lo rilevò, arrivò a vendere tanto da finanziare la nascita di una vera Casa editrice: "Il Borgo" inclusa tipografia autonoma, e capricci come "Il Guerin Sportivo"!
L'iddilio dell'OK indiscriminato alle replica di Sabbatini, (se Conti tentava di esercitare una minima pressione): " le tirature aumentano quindi vuol dire che la gente approva ciò che pubblico", finì agli inizi degli anni'80.
Da un lato il giornale subiva la massiccia concorrenza dei grandi quotidiani e della TV; che avevano scoperto quanti soldi si poteva raccogliere in pubblicità andando nella  direzione voluta dal potere, meglio degli sponsor che avevano scoperto la F.1 come veicolo trainante per i consumi più incredibili ( Per Sabbatini era un'offesa gravissima dirgli che si poteva anche lavorare in questa direzione. Lo so per esperienza diretta visto che di "Telesprint" e poi " Rombo TV" ero anche il produttore, inteso come quello che cercava i soldi, dato che la TV commerciale è offerta gratis al pubblico, oltre che il co-conduttore!). Dall'altro Conti , in accordo con Ferrari, si era buttato a capofitto nell'impresa autodromo di Imola e conseguente G.P. di San Marino. Io stesso mediai il primo incontro tra Ecclestone e Conti al ristorante "San Domenico " di Imola.
Per questo il "Generale Sabbatini" ed i suoi soldati ( Per lui uscito dalla scuola militare della Nunziatella era questa la sua visione della redazione) si trasferirono in massa a Rombo, inseguendo la sirena che Callisto Tanzi e la Parmalat potessero essere il nuovo "Conti". Idea pessima visto come è andata a finire all'imprenditore parmense.
Ad essere onesti però Sabbatini in quella nuova F.1 era diventato uno Don Chisciotte e noi i suoi Sancho Panza. Essendo io quello più esposto all'esterno della redazione nella mia veste di inviato alle corse, ed a volte per la produzione, lo ripetevo in continuazione: " Direttore non puoi più pensare di reggere la concorrenza di Tv, Quotidiani Sportivi e no, con il solo entusiasmo di Zigliotto, Canetoli, Bonaventura  e qualche altro, oltretutto facendo lo stesso giornale di vent'anni fa, quando i nostri lettori le notizie di prima mano, (e Tu Mario, come altri, me lo testimoni), le avevano solo il martedì e , quel che più conta, solo da Autosprint. Bisogna cambiare! Adeguarsi ai tempi. Magari come fanno i nostri nuovi concorrenti di As, pronti subito a mettersi a favore di vento, pur sapendo di tradire così lo spirito della bandiera che per tanti era stato il precedente AS".
D' altronde per Luciano Conti quello che stava perdendo economicamente con il cambio di rotta del suo giornale, veniva ampliamente compensato dal business Imola, e della società appositamente creata, all'interno dell'ACI Bologna, per sfruttarlo fino in fondo.
Marcello, pur fiutando la sconfitta, però non voleva sentire ragione. La Brabham di Ecclestone era sponsorizzata principalmente dalla Parmalat, e noi attaccavamo il Boss inglese definendolo il "Padrino" per essere, sempre nel nome dell'indipendenza e del rispetto ai lettori, dalla parte di Ferrari nella guerra contro la FOCA!
A distanza di anni, lo giustifico. Cambiare avrebbe significato per Lui, e per i suoi "soldati" rinunciare ad un modo di fare il giornale, che oltre ad aver aperto le porte del magico mondo dei "Cavalieri del Rischio" a decine di migliaia di nuovi appassionati, aveva alimentato la sua credibilità anche sul fatto di non avere mai avuto dei padroni e di aver sempre lavorato secondo coscienza e non secondo convenienza.
Un modo di essere che nella avanzante F.1 miliardaria, di Ecclestone, Montezemolo & Co aveva la stessa valenza del Cavaliere che in sella a Ronzinante e armato della sua picca andava contro i mulini a vento nell'immortale capolavoro di Cervantes.
Fu allora che conscio che un'epoca era finita, e che in quella nuova io non avrei avuto molto spazio, visti i miei trascorsi e la decisa volontà di esservi sempre e comunque coerente, decisi di mettermi da parte.
Scusa il lungo sfogo, ma è per dire che l'unico sprazzo di luce, capace di ricordare ai tifosi un mondo oggi inimmaginabile, è stato proprio, a mio modo di vedere, il tuo "cuore da corsa".
Quindi, anche se da editore a volte debbo capire che il mondo va avanti e non indietro, poso solo incoraggiarti e dirti di non mollare. Qualcuno che sa, e saprà, apprezzare il Tuo lavoro, se svolto con passione, coerenza ed onestà, ci sarà sempre. E come diceva il Manzoni anche se per un solo lettore, ne varrà sempre la pena.
Ciao
Eugenio Zigliotto

P.S. in una prossima occasione, se ti farà piacere così come spero ai Tuoi fans, ti racconterò anche la verità sul mio scontro con Alboreto!

 

Citazione di: "Littlewomen"

Carissimo Eugenio,
okay, passo al tu perché è sacrosanto quello che dici e mi onora, a patto che accetti ch'io continui a darti... spiritualmente del Lei, perché è questo che la scala dei valori, la stima e il senso del rispetto per ciò che hai saputo dare a noi appassionati impongono.
Sono qui per dirti che la Vostra lezione non è finita inascoltata né, tantomeno, è divenuta inattuale.
Il commando coraggioso dei Marcello's Boys ha saputo offrire un modello, un canone, un calibro ineguagliato di Giornalismo. Sportivo e non.
E' stata l'unica volta, la Vostra, in cui un giornale da corsa italico si è saputo muovere per lustri - sotto il marchio di As o Rombo -, con un rigore squisitamente anglosassone frammisto di quello spirito incendescente, temperamentale e dialettico puramente italico e neo-latino. No, non è stato solo un giornale - quello Tuo e di Marcello (che si chiamasse As o Rombo, che fosse cartaceo o perfino televisivo) e da esso una redazione, ma una civiltà. Una filosofia, un modo onnicomprensivo di vedere le cose.
Sì, certo, perfino moralmente orientato.
A te dico quello che in tante cene fino a un pugno di mesi fa dicevo a Marcello: se sono diventato giornalista, un po' con lo spirito affascinato e mezzo mistico con cui uno studente se ne va a fare missionariato laico, è stato grazie a quello che ci avete saputo far gustare e capire.
Poi, se nel frattempo le corse, il mercato e il mondo stesso sono cambiati, il problema mi sembra soprattutto loro.
Sai, tante volte in questi anni, affrontando un argomento sulla rubrica "Bastian Contrario" o scrivendo un Cuore da Corsa, per trovare ispirazione mi sono posto una domanda semplicissima: cosa avrebbe detto o scritto il plotone dei Sabbatini's Soldiers per fare felici noi lettori?
La risposta, permettimi di chiamarla l'ispirazione del Vostro esempio, è arrivata sempre. Attualissima.
Decine, centinaia di volte. In pieno terzo millennio.
Perché - la prendo alla larga -, il Pianeta Terra è cambiato, con esso i venti che spirano, i modi di vivere, i mezzi per fare soldi e pure i sistemi di tirare avanti la Formula 1 e un settimanale da corsa. Ma il Cuore dei lettori appassionati, di quelli Veri - la loro capacità di emozionarsi, di crederci, di pensare alla Hemingway che solo il nostro insieme alle corride, al pugilato e all'alpinismo, è uno Sport e tutti gli altri sono meri giochi -, è rimasto lo stesso di allora.
Quello stesso cuore che nel mondo delle corse nessuno come Voi aveva saputo far battere più forte, trappettando su una Lettera 22.
Un cuore che resterà tale sempre e per sempre, credo. Dal momento in cui è iniziata la tua fantastica avventura in quell'Autosprint, al giorno in cui hai fatto un coerente passo indietro, fino ad oggi che così gradevolmente ti fai rileggere e riassaporare in questi tuoi preziosi off record.
Here we are again, Eugenio.
Il tuo silenzio fuori ordinanza è finito e non sono certo il solo a rallegrarsene. Perché gli appassionati a 24 carati se ne fregano del giornalista più furbo, provano tristezza leggiucchiando chi fa surf sull'onda dei potenti ma ricordano, godono e apprezzano solo quei pochi che hanno saputo dare un senso pulito e non ondivago alla loro storia. Ecco perché mentre tu mi e ci scrivi c'è chi ti riconosce non solo come un Giornalista, ma tale e quale a un Amico ritrovato.
E ormai non hai neanche più bisogno di fare e dare scoop, perché per me e per noi - e lo dico sorridendo e senza retorica -, dopo averne conosciuti tanti e tanto diversi da te, di colleghi, sei Tu, la Notizia.
E alla stima stavolta aggiungo l'affetto.

Mario

PS Sul caso Alboreto-Zigliotto fremo di sapere tutto quello che non ho mai osato chiedere - anzi, ne sono certo, fremiano - e sono tutt'orecchi!!! ;-)

 

Citazione di: "eugenio70"

alboretoCaro Mario

La lite con Alboreto mi riporta indietro nel tempo, ma anche ad uno degli episodi più negativi della mia carriera di inviato di F.1. Di Michele, ancora quando correva in F.3 a Monza io ero amico fraterno: ne avevo intuito il talento e facevo tutto il possibile per aiutarlo.
Anche perchè credevo fermamente nella campagna di Sabbatini a favore di un pilota italiano alla Ferrari.
Non a caso quando Benetton e la Tyrrell non vollero cedere il contratto di Michele al "Sire" di Maranello noi facemmo la famosa copertina "Maletton" che fece sì che lo stesso Luciano Benetton, dopo aver dato l'OK al passaggio, in Brasile, in occasione del G.P. mi facesse avvicinare da Gino Pilota, uno dei suoi, per sapere quale era la nostra forza vista la caterva di lettere poco piacevoli che gli si era riversata addosso.
Una volta in Ferrari, circondato dall'affetto dei tifosi, da personaggi d'eccezione come il Conte Zanon, sua fervido ammiratore, oppure il Principe Alberto di Monaco e suo cognato Stefano Casiraghi, ma anche da interessati adulatori, Michele perse di vista lo spirito semplice e aperto che ne aveva contraddistinto gli inizi. Divenne altezzoso e schivo verso i giornalisti: ovviamente me compreso.
Ma non fu questo il problema. Era un'atteggiamento scontato di chiunque arrivasse a Maranello, prima e dopo Alboreto. Non sia sa perchè ma era, ed è, una specie di legge.
Ma veniamo al nostro contrasto.
In occasione del G.P. di Montecarlo di quell'anno il giovedì Alboreto aveva rilasciato un'intervista al collega Pino Allievi della Gazzetta dello sport affermando che stava già stirando lo smoking per partecipare alla serata a Palazzo Reale dopo la gara in cui il Principe Ranieri, secondo consuetudine premiava il vincitore.
Sfortunamente per lui la domenica pioveva a dirotto, e Michele dopo pochi giri parcheggiò la sua rossa monoposto nello spiazzo  all'inizio della discesa della allora curva del "Loews" adducendo misteriosi problemi di elettronica, se non ricordo male.
Nel corso della settimana successiva io seppi da una delle "gole profonde" che mi davano le notizie dall'interno del Forte del cavallino, che il "Vecchio" aveva strigliato oltre ogni limite il suo pilota dicendogli ironicamente, ma non più di tanto, in sintesi " Io la pago non per stirare smoking ma per vincere le corse!".
Gossip e scoop prezioso che io mi giocai sul numero successivo di commento al G.P prima di partire per il Canadà.
Il titolo come sempre lo fece Sabbatini e prendendo come sempre lo spunto dalla cronaca (Retaggio della sua passata esperienza al quotidiano del pomeriggio "Paese Sera") visto che in quel momento era d'attualità il problema degli evasori del fisco, rintanati a Montecarlo  sparò "Gli evasori del rischio", per sottolineare come Ferrari non avesse gradito che sotto la pioggia il suo pilota numero uno si fosse tirato indietro.
Io non lessi l'articolo perchè ero già in Stati Uniti. Così non appena a Montreal, come d'abitudine mi presentai al muretto Ferrari per salutare un pò tutti a cominciare proprio da Alboreto.
al mio ciao però lui, minaccioso, rispose " Se ti permetti un altra volta di scrivere quello che hai scritto ti faccio ingoiare la penna" e così dicendo strinse tra le dita una penna, gadget prezioso della Marlboro, che, annodata con un lacciuolo, portavo al collo.
Cadendo dalle nuvole sorpreso gli dissi: "Ma di cosa parli?".
Lui ripose" lo sai bene : gli evasori" denunciando così il suo tallone di Achille di essere anche lui un emigrato di lusso nel Principato , al solito per non pagare le tasse, e quindi passibile di un'indagine del fisco quando trascorreva, come tutti, la maggior parte del suo tempo in Italia.
Vedendo che era atteso per salire in macchina per le prime prove in modo da fare un tempo conciliante lo consigliai
"Michele vai fare quello che devi, dopo le prove ci vediamo e parliamo perchè non so cosa vuoi dire".
Lui, sempre più adirato mi riprese la penna e agitandola davanti al viso mi disse " Te l'ho detto e te lo ripeto , te la faccio ingoiare"
Al mio " Michele le tue minacce non mi fanno paura perchè sono ben più grosso e più grande di te" Lui allungo il braccio per darmi un pugno.
Io pronto di riflessi, e memore dei trascorsi giovanili in una palestra di pugilato, lo anticipai colpendolo per primo sulla bocca.
Forghieri che ci era accanto ci divise, assieme ad alcuni meccanici, immediatamente, se no la zuffa, nello stato di rabbia di Michele sarebbe anche continuata.
Lui poi salì in macchina e fece un tempo miserevole.
A Montreal i box distavano abbastanza dalla pit lane, così finite le prove ci incrociammo lungo il percorso obbligato, che costeggiava la ex vasca del canottaggio olimpico. Lui era attorniato dai meccanici.
Io gli andai incontro e tendendo la mano gli dissi "Michele mi scuso per lo scatto d'ira di poco fa, non è mio costume e quindi se vuoi facciamo la pace e scordiamo il tutto!".
Ma lui sempre più adirato ribadì " Io non chiedo scusa a nessuno e non accetto scuse. Alla prima occasione te la farò pagare".
Confermatogli che non mi faceva comunque paura me ne andai. La gara successiva era a Dallas e sebbene Ferrari, a suo agio nel rimestare nel torbido, si fosse offerto di fare da mediatore con il suo pilota,  ricevendo però un mio cortese ma fermo rifiuto, la notizia aveva fatto il giro del mondo. Confesso che a Dallas ogni volta che mi aggiravo nella pit lane e vedevo alle spalle la Ferrari che si metteva in moto, mi rifugiavo prudentemente sul marciapiede!
A parte ciò da allora non parlai letteralmente più con Alboreto. Con una sola eccezione. Quando al Nurburgring con una gara stupenda vinse, gli porsi la mano e dissi complimenti.
Usciti sia Michele che io dalla F.1 ci ritrovammo parecchio tempo dopo una sera ad una cena Pirelli alla Villa Reale di Monza.
Lui facendo finta di niente mi saluto e si avvicinò per parlarmi. Ma io girai le spalle e mi allontanai.
Non potevo considerarlo un amico. Anche se quando morì ne fui francamente dispiaciuto.
Eugenio Zigliotto e la sua versione dei fatti

 

Citazione di: "eugenio70"

in merito alla storia della mia lite con Alboreto, innanzitutto ho correttamente finito il mio lontano resoconto precisando che è la mia versione dei fatti, e che Michele purtroppo, per lui e anche per i veri appassionati, non può certo darci la sua.
Comunque la collezione di Rombo qualcuno l'avrà e potrà verificare, se proprio vuole, come  a memoria non debbo essermi scostato di molto dalla versione a caldo.
Ecco il punto la memoria. Io ho da un paio di settimane ho toccato il traguardo di "Eugenio/70", ovvero ho compiuto 70 anni, e dopo quasi quindici anni che non mi occupo in prima persona di corse, avendone viste circa 1000 o giù di lì in tutta la mia carriera, qualche dettaglio nell'immediatezza di questi colloqui informatici può anche sfuggirmi o apparirmi confuso.
Così a scanso di equivoci sono andato a rivedere il risultato di quel G.P. Monaco 1984.
La gara segnò la nascita della stella di Ayrton Senna, che al momento dell'arresto della stessa  al 31° dei 77 giri previsti era secondo a soli 7"44 dal vincitore Prost che con il tempo di 1h1'7" 74 ebbe la fortuna di vedersi sventolare davanti al naso la bandiera a scacchi di fine gara dal Direttore: Iackie Ickx, quando era lampante che in un altro paio di giri il brasiliano lo avrebbe sorpassato. Quei punti a metà, poi costarono cari al francese che a fine Campionato videro Lauda davanti a lui per 72 punti a 71,5. Entrambi avevano una Mc Laren.
Fu la giornata anche di un altra stella il povero Stefan Bellof. Il terzo posto agguantato nel diluvio del tedesco non fu però considerato per la classifica, a seguito dell'irregolarità della Tyrrell nel campionato precedente per la storia delle palline nel serbatoio. Illegalità che aveva molto aiutato proprio Alboreto nel suo primo successo di Detroit 1983.
a Montecarlo il pilota della Ferrari fu classificato quindi sesto ad un giro e passa da Prost.
Risultato che per Enzo Ferrari evidentemente non aveva nulla di entusiasmante viste le premesse di battaglia per la vittoria che si nutrivano e che lo stesso Alboreto aveva espresso alla vigilia della gara a Pino Allievi, il quale da buon giornalista , le aveva solo correttamente riportate sul suo giornale.
Questi i dati: per le opinioni ognuno ha diritto ad avere le sue

 

Citazione di: "eugenio70"

Se uso il nickname "Eugenio70" è perchè cerco di sentirimi giovane e quindi, come ho già chiesto a Donnini, esigo per privilegio d'anagrafe che chiunque mi dia del tu.
Mi chiedete di Niki. Ho due ricordi indelebili. Il primo quando lo conobbi ragazzino a Salisburgo (correva, forse debuttava, con un BMW nelle'Europeo Turismo) davanti ad un chioschetto che vendeva wurstel all'interno del paddock. Parlucchio il tedesco e così scambiammo due parole e mi presento Marielle, la sua ragaza di allora, poi, non so come, finì che a pagare i tre wurstel fui io! Tra amici si usa e noi lo diventammo davvero. Tanto è vero che alla prima gara sul rinnovato circuito di Vallelunga, un paio di anni dopo, Niki era al volante di una F.2 ed io parcheggiavo nel suo box perchè Marielle, con il suo tedesco, era sola ed isolata. Dopo un paio di giri Niki non ripassò davanti ai box, e quasi subito l'ambulanza si immise sul circuito. Marielle lasciò cadere il cronografo. sbiancò in viso e cominciò a tremare in modo inconsulto. In quegli anni un'ambulanza in pista era solo sinonimo di incidente e per di più grave! Istintivamente abbracciai Marielle e cominciai in tedesco a cercare di rassicurarla, ma anch'io,  prima come amico, poi come cronista, ero in ansia. Per fortuna Niki era uscito al curvone veloce dopo il traguardo, credo i Cimini, ma non lamentava problemi, e l'ambulanza a raccogliarlo era solo una misura cautelare della direzione gara. Ma non dimenticherò mai gli occhi sbarrati di terrore e solitudine di quella ragazza!

Per il secondo aneddotto  ci risentiamo....

 

Citazione di: "Littlewomen"

Se sto zitto è perché leggo e ascolto. Con interesse, affascinato. Perché la vita di Eugenio, la sua irripetibile esperienza nella civiltà delle corse ruggenti è un po' una favola che ha il privilegio di essere realtà.
E resto prontissimo a leggerlo e ascoltarlo quanto vorrà, a lui piacendo...
Però sarebbe bello che questa chiacchierata informale fosse anche lo spunto per farlo riflettere su un'idea che gli sarà balendata prima o poi in mente: perché non pensare a un suo libro di ricordi sulle corse?
Un diario di ricordi su un'epoca in cui gli inviati sui campi di gara si contavano sulla punta delle dita e paradossalmente i piloti e le loro storie si respiravano di più?
Per carità, è solo un plaudente sasso nello stagno il mio, da qui a trovare un editore disposto a scommetterci (in parole povere ad avere la quasi certezza che un'iniziativa del genere potrebbe auto-remunerarsi) il passo non è breve. Ma certe cose è bello anche solo immaginarle.
Di certo e di bello, comunque, c'è che l'evento si sta dipanando spontaneamente a puntate, qui ed ora.
Per questo (e per l'altro che verra), grazie Eugenio  Wink

 

Citazione di: "eugenio70"

sono commosso, oltre che orgoglioso, di queste testimonianze d'affetto e di stima nei miei confronti e del mio vecchio lavoro.
Sopratutto perchè il mio inserimento in questo forum era occasionale e legato ad un fatto contrario: la mia personale testimonianza di stima ed affetto ad un collega come Mario Donnini ed al suo lavoro.
Non credo di dire bugie se ritengo di essere stato spettatore dagli inizi degli anni '60 a metà anni '90 di uno dei più bei periodi delle corse d'automobile.
Sono stato quindi sollecitato più volte a mettere bianco su nero i miei ricordi. Non nascondo che a volte ci ho pensato. Ma poi ho sempre dedotto che era qualcosa di me, del mio essere e quindi che non era il caso di farne una speculazione, sia pure piccola come quella di un libro.
Comunque anche amesso che volessi farlo, dovrei per forza rivolgermi ad un altro editore, perchè la mia presenza in questo settore è legata all'editoria giornalistica e libraria nello spazio degli orologi alto di gamma. E non sono ammessi sconfinamenti, a meno di non volerci rimettere dei soldi.
Diverso invece il colloquio che involontariamante si è aperto con voi. Spontaneo, senza secondi fini, con la sensazione di essere, come una volta, tra amici con la comune passione delle corse e liberi di dire ognuno la sua. Adesso sì che mi piace ricordare e raccontare. Piccole cose, intime gioie, emozioni e, purtroppo, anche tanti dolori. A cominciare da quello per me indelebile e che mi ha fatto lasciare il mondo delle corse: la morte di Ayrton. Se vorrete saranno tante storie che a voi racconto volentieri!

 

Citazione di: "eugenio70"

laudasono debitore di un aneddoto sulla mia amicizia e frequentazione con Niki Lauda. Tra i tanti ricordo volentieri il G.P. USA WEST a Long Beach nel 1982.

Niki ha appena fatto il suo rientro in F.1 con la Mac Laren  ed alla sua terza gara di questa ripartenza.
Sul nostro giornale nei tempi antecedenti della Ferrari, Sabbatini non era mai stato tenero con lui, e, a dire il vero, nemmeno io. Lo avevo visto in F.2 a fianco di Ronnie Peterson alla March, e alla Ferrari compagno di Clay Regazzoni, e paragonandolo a questi due autentici "piedi pesanti" era chiaro che l'austriaco poteva avere dalla sua solo una forza di volontà galattica (vedi rientro a tre settimane dall'incidente del Nurburgring) e una intelligenza e sensibilità tecnica fuori del comune.
A long beach, circuito cittadino, dove quindi nessuno aveva potuto provare, la Michelin quell'anno aveva portato due mescole per le gomme: una tenera per le qualifiche, ed una dura per la gara (allora non si pensava ad un cambio a corsa partita!).
Il venerdì Niki, come tutti, prova entrambi i set, e per fare il tempo, negli ultimi minuti delle prime prove libere, opta per quelle dure. I tecnici Michelin lo sconsigliano, ai loro computer le dure sono nettamente meno performanti delle tenere. Niki insiste, anche se, oltre ad una mc laren che per lui è ancora una monoposto tutta da scoprire, anche per lui, come per tutti, c'è l'incognita di quell'asfalto lucido non ancora gommato.
Incredibilmente ha ragione lui. Con le dure, il venerdì piazza il miglior tempo. Ed al sabato,  finisce in prima fila accanto al funambolico De Cesaris, che pure lui al terzo impegno con l'Alfa Romeo, gli strappa, a sua volta con gomme dure, con una specie la pole. Con la differenza che Andrea, per quella specie di miracolo, ha gettato in campo tutta la sua incoscienza, mentre Niki ha fatto appello solo a tutta la sua scienza!
Saputo della storia dai tecnici Michelin, la domenica mattina, incontro Niki nel paddock. Lo fermo e mi inginocchio davanti a lui. Poi simulando il classico gesto di chi si cosparge, in segno di pentimento, il capo di cenere, gli confesso:
"Niki, adesso sono convinto anch'io: Sei un grande Campione! Complimenti".
Dal suo sguardo incuriosito capii che temeva uno scherzo. Ma quando gli spiegai che mi riferivo alla sua rara sensibilità di guida, evidenziata da quella scelta di gomme così controcorrente, anche agli occhi dei "soloni" della Michelin, nel suo sorriso lessi tutta la soddisfazione nel sapere che anche quel "********" di giornalista italiano che l'aveva tanto bastonato ai tempi della Ferrari, si era convinto che Lauda era un vero top Driver, o, all'antica, un "Numero Uno".
alla prossima racconterò qualcosa  di Gilles.....

 

Citazione di: "Littlewomen"

Ottimo e abbondante, Eugenio!
La battaglia di Autosprint contro Lauda, specie dalla seconda parte del 1977 e fino al giorno del primo ritiro (nelle prove del Gp del Canada 1979) fu terribile, spassosa e incandescente. In quel periodo andare contro Niki era come, con rispetto parlando, prendersela con un sant'uomo avente il dono delle stimmati.
Ma la redazione di Autosprint con Marcellone e Zigliotto punte di lancia fu spietata a pungolare, argomentare e notiziare contro Lauda e la sua assenza di cuore. Fino al divorzio dalla Rossa, coi buoni auspici di Ghedini, Ecclestone e Tanzi, i tre magi della... Granalat.
Quando notai su Rombo (per la cronaca neonato in edicola nell'aprile 1981) che, al fianco di Sabba sr e Zigliotto, Niki avrebbe scritto dall'abitacolo, rischiai un colpo apoplettico. La Grande Frattura era saldata. Anche stavolta grazie alla Parmalat, direi, perché - da 16enne appassionato di fantapolitica lessi la situazione così -, per Sabbatini, Grande Tessitore, il nuovo nemico era la minaccia della sua Libertà di giornalista in un mondo, quello delle corse italiane, che vedeva il suo ex editore Conti (un vero signore, comunque) per ovvie ragioni desideroso di non nuocere troppo alla Rossa e ai rapporti con essa e per questo in rotta col suo Direttorone. A sua volta dignitoso transfuga con tutta la redazione verso Rombo. Uno stupendo grido di libertà.
Per questo mi incuriosisce molto sapere da Eugenio quali fossero i rapporti tra lui e Niki ancor prima di quel catartico 1982, per esempio nell'incandescente biennio 1978 e 1979, ma allo stesso tempo smanio per l'aneddoto su Gilles... !!! Wink

 

Citazione di: "eugenio70"

eugenio-zigliotto_01errata corrige...
ad Autosprint nessuno ce l'aveva direttamente con Lauda, il quale da buon professionista faceva il suo lavoro al meglio per chi lo pagava di più, senza alcun concetto di "bandiera" se non per il suo conto in banca in Austria ( o forse solo + tardi per la sua compagnia aerea).  Argomento che a tanti tifosi ferraristi, poco tempo fa,  si è riproposto pari pari con un altro idolo "Made in Germany". Tale Michael Schumacker!
La nostra era una battaglia ideale, con Niki a pretesto, contro Enzo Ferrari ed il suo accanirsi a non volere piloti italiani, con la misera  e cinica scusa che in caso di incidente non poteva gestire la cosa con l'opinione pubblica, come se la morte di un pilota di altra nazionalità invece fosse un fatto normale , per non dire scontato.
D'altronde su uno degli ultimi numeri del giornale inglese "Motor" c'è la testimonianza dell'attore inglese Peter Ustinoff, che era in visita a Maranello a metà anni '50 ed era seduto a parlare del più e del meno nell'ufficio del Drake, quando questi alzò il telefono che suonava.
Rimase, secondo il racconto del divo d'oltremanica,  in silenzio per qualche istante, poi più a se stesso che al suo interlocutore, disse "Come? Castelloti è morto...?"
Nuovo silenzio e di seguito "Come?"
Altra pausa e infine un unico commento, prima di interrompere la comunicazione, ".. E la macchina come è ridotta?". Frase riportata in italiano nel reseconto in inglese.
Sabbatini ed i suoi "boys", incluso il sottoscritto, proponevano Merzario come un altrettanta testa di ponte, per dire che tanti talenti di casa nostra non meritavano di essere sacrificati. Magari anche con la complicità del debuttante D.S., imposto dal Socio Fiat, Montezemolo, che, nel suo snobbismo, preferiva il freddo e -sopratutto- silenzioso pilota manager austriaco, e quindi non in portato a rubargli la ribalta davanti ai taccuini dei giornali ed ai microfoni delle  televisioni, ad uno come il ticinese, e quindi quasi italiano, Clay Regazzoni, idolo istintivo delle folle per la sua spontaneità e semplicità, oltre che per il suo disumano coraggio. Ed il mondiale perso da Luca nel 1974 nell'ultimo G.P di Watkins Glen con ben due piloti a contrastare Fittipaldi ne è una conseguenza.
Non a caso il futuro Presidente, che allora per il suo vezzo di gettare la folta chioma bionda  all'indietro prima di dire anche una sola parola, avevamo battezzato sul giornale, sulla base di un pettegolezzo carpito ai meccanici Ferrari:"Libera e Bella", per il 1975, mise ogni risorsa del team a disposizione di Lauda, il quale, ad onor del vero, con la sua analitica e fredda capacità di lavorare, condizionò la foga di Forgheri e dei suoi, e meritando il ruolo di "team leader", pennellò una stagione capolavoro, degna, come si sa, dell'iride finale.

per Gilles  mettersi in fila per il dopo Lauda...