alex_zanardi_motor_show_bolognaOggi Alessandro Zanardi, già pilota di Formula 1 nonché campionissimo delle gare americane, festeggia 42 anni.
Un traguardo importante per un uomo che ha voluto a tutti i costi, dopo il drammatico incidente del Lausitzring occorsogli nel 2001, cimentarsi ancora nell’attività che più ama: correre.
Una vicenda, la sua, che merita di essere approfondita. Retaggio dei nostri nonni e bisnonni emigranti in cerca di fortuna negli Stati Uniti? Può darsi. La storia di Alessandro Zanardi è anche e soprattutto quella di un ragazzo italiano che, semisconosciuto oltre i confini europei, approda negli Stati Uniti e nel giro di un paio d’anni diviene un mito in quella che un tempo era definita la terra dove i sogni diventano realtà.
Un italiano che sa incantare con le sue prodezze migliaia di americani, il miglior biglietto da visita per i nostri colori.
New York City, martedì 11 settembre 2001. Giorno maledetto, segnato indelebilmente dai tragici attentati terroristici alle Torri Gemelle.
Gli Stati Uniti, colpiti a sorpresa e senza alcuna pietà da un nemico insidioso e invisibile, vedono crollare impotenti nel giro di pochi secondi il simbolo della loro potenza. New York è nel caos, il mondo viene come risucchiato in una sorta di voragine impossibile da arginare. Le sconcertanti immagini delle Twin Towers ridotte in macerie, i volti dei pochi superstiti di un avvenimento destinato a rivoluzionare la storia dell’umanità.

Monza, sabato 15 settembre 2001. Quattro giorni dopo il disastro delle Torri Gemelle il Circus della Formula 1 si prepara a disputare le qualifiche di un triste Gran Premio d’Italia. In quell’atipico fine settimana sono stati cancellati o quantomeno posticipati numerosi eventi sportivi.
Lo sport dovrebbe essere concepito come un momento di festa, eppure nonostante il grave lutto qualcuno decide di andare avanti.
La Formula 1, appunto, ma non solo. Sabato 15 settembre 2001 si disputa la quindicesima prova del Campionato di Formula Cart sull’ovale del Lausitzring, in Germania, in un impianto di nuova costruzione situato a pochi chilometri dalla città di Dresda. Venerdì 14 le qualifiche della Formula Cart non si sono potute svolgere a causa di un acquazzone abbattutosi sulla pista. E si sa, sugli ovali con la pioggia o con pista bagnata non si corre. Troppo alte le velocità, troppo elevati i rischi che si presenterebbero. Così lo schieramento di partenza per la gara del sabato viene deciso in base alla posizione in Campionato dei diversi piloti. Tra questi anche due italiani. Alessandro Zanardi, due volte campione della categoria nel 1997 e nel 1998, e Massimiliano “Mad Max” Papis. Li unisce, oltre ad una comprovata amicizia, un passato in Formula 1 e un presente negli Stati Uniti con i bolidi della Formula Cart. Per il primo, archiviate alcune deludenti esperienze in Formula 1 all’inizio degli anni Novanta con Jordan, Minardi e Lotus, si tratta di un ritorno. Lasciata la Lotus e con essa la Formula 1 nel 1994, due anni dopo Zanardi è in America pilota del team gestito dal vulcanico italoamericano Chip Ganassi. Tra il 1996 e il 1998 vive tre intense stagioni in Formula Cart. Scoprendosi campione a dispetto di anni di purgatorio trascorsi in Formula 1. Nel ’96 è “Rookie of the Year”, miglior debuttante dell’anno, il titolo vero e proprio gli sfugge di poco ma il bilancio è più che soddisfacente. Nel 1997 e nel 1998 non c’è n’è per nessuno, Zanardi assapora un successo dopo l’altro, incassa due titoli e si gode l’interesse che alcuni top team della Formula 1 cominciano a manifestare nei suoi confronti. E’ presto fatta, nel 1999 rientra in Formula 1 con la Williams.
Al suo fianco Ralf Schumacher. La squadra, terminato il periodo delle vittorie a ripetizione di Damon Hill e Jacques Villeneuve, vuole assolutamente risalire la china e si affida al talento di Alessandro Zanardi. Ma qualcosa non va come dovrebbe. Ralf Schumacher non è un fuoriclasse eppure raccoglie un po’ di punti, Zanardi resta fermo a quota zero per tutta la stagione. Sì, è vero, la Williams non è la medesima vettura portata alla conquista del Mondiale nel 1992 e nel 1993 rispettivamente da Nigel Mansell e Alain Prost, tuttavia si tratta sempre di un top team e nel puzzle di fine stagione davvero non si capisce il motivo per cui un due volte campione di Formula Cart, idolo delle folle americane, non riesca a trovare i tasselli giusti per ripetersi sugli stessi livelli in Formula 1. Alla fine dell’anno tra Zanardi e Williams è rottura totale, patron Frank addirittura gli preferisce l’inesperto ventenne inglese Jenson Button…! Da una carriera a stelle e strisce vissuta da attaccante puro ad una carriera anonima in Europa vissuta da comprimario. Come dire, dalle stelle alle stalle. Zanardi kappaò? Eh no, il bi-campione Cart si rialza da solo un’altra volta mettendo a tacere i soliti maligni. Un anno sabbatico, il 2000, giusto per ricaricare le batterie e capire come il desiderio di scendere in pista prevalga su tutto. E via, a mordere l’asfalto, perchè chi si ferma è perduto e ciò che conta non è il giudizio altrui ma il giudizio che abbiamo di noi stessi.

Nel 2001 Alessandro ritorna in America, nella sua America, nel Paese che nonostante le delusioni patite in Williams nel 1999 non lo ha mai abbandonato. Il due volte campione firma per il team Mo Nunn Racing, gestito da quel Morris Nunn col quale Zanardi aveva lavorato ai tempi della sua prima parte di carriera negli Usa. Molte cose però, rispetto al triennio 1996-1998, sono cambiate.
I motori Honda non hanno più quella supremazia che potevano vantare negli anni Novanta, inoltre Alessandro viene da un anno di inattività e non sale su una monoposto di Formula Cart dal 1998. C’è molto da fare per rimettersi in carreggiata e il nostro non lesina l’impegno. Ma il team Mo Nunn Racing non possiede il bagaglio di esperienza né tantomeno la capacità gestionale del team Ganassi, elementi essenziali per porsi al vertice del Campionato sin dalle prime gare. La prima parte di stagione si rivela più difficile del previsto. In luglio, finalmente, Zanardi conclude al quarto posto sul circuito di Toronto, in Canada. Un fuoco di paglia. Altre cinque gare piuttosto deludenti, infine il Lausitzring. La Formula Cart approda in Europa. Alessandro Zanardi sa bene che il rapporto con il suo team manager Morris Nunn si è ormai incrinato. Probabilmente alla fine dell’anno il campione bolognese lascerà le corse, perlomeno la Cart visto che nessun altro team pare avergli avanzato delle valide proposte.
La gara del Lausitzring viene battezzata The American Memorial e tutti i piloti corrono con la bandiera a stelle e strisce riprodotta sulle vetture quale tributo alle vittime dell’11 settembre. Zanardi parte dalla ventiduesima posizione, nelle prove libere sull’ovale tedesco è sempre stato tra i più veloci ma le qualifiche non si sono potute svolgere per pioggia, quindi si parte come da classifica di Campionato. Alessandro è consapevole del fatto che in Germania la sua monoposto è la migliore del lotto, può puntare alla vittoria e lasciarsi alle spalle una stagione insoddisfacente. Insieme a Tony Kanaan, suo compagno di squadra al team Mo Nunn Racing, Zanardi risale posizioni su posizioni. Leader della corsa prima dell’ultimo pit-stop, Zanardi pare involarsi verso una meritata vittoria. Ma in pit-lane qualcosa va storto. La Reynard numero 66 si gira in mezzo alla pista, il canadese Tagliani non può evitare il violentissimo impatto. Il resto è storia nota: in seguito al terribile incidente Zanardi lotta tra la vita e la morte, subisce l’amputazione degli arti inferiori ma non si arrende. La notizia dell’incidente rimbalza nel pomeriggio di sabato 15 settembre 2001 nel paddock della Formula 1 dove domenica 16 si disputa il Gran Premio d’Italia. Lo choc degli attentati terroristici dell’11 settembre a New York, lo choc per il gravissimo incidente che vede un pilota lottare per la vita in una camera d’ospedale in Germania. La Formula 1 ha una crisi di nervi, l’atmosfera che si respira a Monza è quella della disfatta, del devo andare avanti ma non voglio. Chi vuole rimandare la corsa, cioè la maggioranza dei piloti, chi vuole correre ugualmente, cioè la maggioranza dei team manager. Alla fine the show must go on e tutto va bene. Per fortuna, non come a Imola nel tragico week-end del Gran Premio di San Marino del 1994.

A vincere il Gran Premio di Monza è un promettente pilota colombiano che nel 1999 aveva vinto il titolo di Formula Cart per poi trionfare nella 500 miglia di Indianapolis nel 2000, guarda caso con lo stesso team di Zanardi. E nel 2001, proseguendo sulla scia del percorso tracciato dal campione bolognese, era approdato in Williams. Juan Pablo Montoya, questo il suo nome, con la Williams è rimasto quattro anni, prima di chiudere, come peggio non poteva, la sua carriera in Formula 1 con la McLaren. Zanardi e Montoya, piloti neanche tanto diversi, capaci con le potenti monoposto d’Oltreoceano di costruirsi una solida reputazione che, per un motivo o per l’altro, non hanno saputo o potuto mantenere in Formula 1. Ma cosa sarebbe successo se, tanto per solleticare la fantasia, nel 1988, età permettendo, avessimo potuto vedere lo Zanardi e il Montoya pigliatutto della Cart anni Novanta sfrecciare sulle piste del Mondiale di Formula 1 sulle invincibili McLaren Honda? Io credo ci saremmo divertiti parecchio… entrambi velocissimi, determinati, due talenti naturali votati all’arte del sorpasso… La storia delle corse ha però scritto pagine diverse, comunque appassionanti e mai scontate, per i suoi indomabili e spesso chiacchierati protagonisti. Il coriaceo Zanardi ha saputo farsi beffe della cattiva sorte riprendendo a correre (e vincere) da professionista, nel selettivo Campionato Turismo al volante di una Bmw.
“… però, Zanardi da Castel Maggiore!”, come recita il titolo della sua recente, emozionante autobiografia! Il discusso Montoya ha preferito farsi da parte e lasciare una Formula 1 che lo riteneva colpevole di aver sprecato il suo indubbio talento. Eppure, ne sono convinto, sentiremo ancora parlare di quel colombiano che nel 2001 raccolse, in una delle giornate più tristi non solo per il mondo dello sport, il testimone di Zanardi in Formula 1.
La sua stella riprenderà forse a brillare, come se fosse il caso di specificarlo, al di là dell’Oceano nella serie Nascar. Sarà, la sua, una stella cadente o l’inizio di un nuovo sogno a stelle e strisce…!? E per sapere come andrà a finire… Ladies & Gentlemen, start your engines!

Ermanno Frassoni